«Ferrero scalcava la tenue bistecca, domandò a Johnny che stesse facendo. – Facendo che? – Andiamo, lo sai perfettamente –. Johnny sospirò. – Ho sospeso. Lo scrivere originale, intendo dire. Ora traduco: sto traducendo come un pazzo, conducendo tre versioni simultanee. Quanto allo scrivere in proprio, non ho ancora imparato a finire quel che comincio. (…) Ferrero sorrise timidamente. – Per te, Johnny, anglomania è un termine ridicolmente inadeguato. Tu, tu sei più inglese d'un inglese, ecco. – Pensi? – disse Johnny, protendendosi per maggiore intimità: - Eppure io non baratterei l'Italia con nessun altro paese al mondo, sia pure l'Inghilterra. Ma tu dovresti comprendere facilmente la mia posizione: l'anglofilia, l'anglomania se vuoi, come espressione del mio desiderio, della mia esigenza di un'Italia diversa, migliore».
In questo dialogo della prima redazione di Primavera di bellezza è lo stesso Fenoglio a spiegarci, sia pure indirettamente, cosa rappresentasse per lui l'anglofilia: l'espressione del suo desiderio, l'esigenza di un'Italia migliore. L'insegnante d'inglese del Liceo lo aveva iniziato «to England and things English», ma c'era già in lui una predisposizione morale, qualcosa che andava alla radice della sua coscienza istintiva. Quella predisposizione l'avrebbe limpidamente descritta più tardi il filosofo Pietro Chiodi, che di Fenoglio fu insegnante e intimo amico: «fin dagli anni del ginnasio ad Alba, si era immerso, come un pesce si immerge nell'acqua, nel mondo della letteratura inglese, nella vita, nel costume, nella lingua, particolarmente dell'Inghilterra elisabettiana e rivoluzionaria: viveva in questo mondo, fantasticamente ma fermamente rivissuto, per cercarvi la propria “formazione”, in una lontananza metafisica dallo squallido fascismo provinciale che lo circondava» (Fenoglio, scrittore civile, 1965). E lo confessò lo scrittore affermato a Pietro Bianchi: «fin da ragazzo, [mi accorsi] che l'«isola dei cigni circondata dal mare», cioè l'Inghilterra, era l'autentica patria del [mio] spirito («Il guerriero di Alba» sogna in inglese, «Il Giorno», 19 gennaio 1960).
Come il protagonista della sua maggiore opera narrativa, subito dopo aver terminato il liceo anche Fenoglio si mise a tradurre con frenesia, affascinato dalla storia inglese non meno che dalla letteratura, e non avrebbe mai smesso di sperimentare quella che, in una nota del diario, definì «esaltante fatica». Ancora negli ultimi giorni di vita lo troviamo intento a tradurre The Pied Piper of Hamelin (Il pifferaio di Hamelin), il celebre poemetto di Robert Browning, scritto per il figlio dell'attore e impresario teatrale inglese William Charles Macready.
In questa sezione si documentano la sua ammirazione per la civiltà anglosassone e la sua attività di traduzione di classici inglesi e americani appartenenti a vari generi letterari: poesia, teatro, narrativa, storia; un'attività fondamentale nella formazione dello scrittore, come illustrato da numerosi studi critici, a partire da quelli pioneristici di Claudio Gorlier, Bruce Merry, John Meddemmen e Mark Pietralunga. Oltre all'influenza esercitata nello stile delle sue opere maggiori, frutti diretti di questa ammirazione sono anche i lavori teatrali e i racconti fantastici solo recentemente valorizzati. Se nel corso degli anni sono state pubblicate in volume la traduzione completa di The Rime of the Ancient Mariner di Samuel Taylor Coleridge (La ballata del vecchio marinaio, 1964), la riduzione teatrale del romanzo Wuthering Heights di Emily Brontë (La voce nella tempesta, 1974), la traduzione completa di un classico della letteratura inglese per ragazzi, The Wind in the Willows di Kenneth Grahame (Il vento nei salici, 1982), e la maggior parte delle traduzioni di opere di poesia (Quaderno di traduzioni, 2000), rimangono inedite numerose traduzioni incomplete di opere in prosa, e quella completa di un classico della storiografia inglese: Oliver Cromwell and the Rule of the Puritans in England di Charles Firth.
A cura di Luca Bufano
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Anglofilia. The ideal homeland, the stimulating labor of the translator, from short story to theater / Name: Heathcliff
“Ferrero [….] asked Johnny what he was doing. “Doing what?” “Come on, you know perfectly,” Johnny sighed.” “I stopped. Original writing, I mean. Now I’m translating: I’m translating like crazy, working on three simultaneous versions. As for my own writing, I haven’t yet learned to finish what I start.” […] Ferrero smiled timidly. “For you, Johnny, Anglomania is a ridiculously inappropriate term. You, you are more English than an Englishman, that’s it.” “You think?” Johnny said, leaning forward for greater confidence: “And yet I would never trade Italy with any other country in the world, even England. But you should easily understand my situation: Anglophilia, or Anglomania if you prefer, as an expression of my desire, of my need for a different and better Italy.”
In this dialogue in the first draft of Primavera di bellezza, it is Fenoglio himself who explains to us, if only indirectly, what Anglophilia represents for him: the expression of his desire, the need for a better Italy. His high school English teacher introduced him “to England and things English,” but there was already in him a moral predisposition, something that went to the root of his instinctive consciousness. Later on, the philosopher Pietro Chiodi, who was Fenoglio’s teacher and close friend, would clearly describe that predisposition: “From the early years of high school in Alba, he immersed himself, like a fish in water, in the world of English literature, in the life, custom, and language particularly of Elizabethan and revolutionary England: he lived in this world, fantastically but firmly reliving it, in order to find his own ‘formation’ in a metaphysical distance away from that bleak provincial fascism that surrounded him.” And, as an established writer, he described this predisposition to Pietro Bianchi: “As a boy, [I realized] that the ‘island of the swans surrounded by the sea,’ that is England, was the authentic homeland of [my] spirit (“Il Guerriero di Alba” sogna in inglese,” [The Warrior of Alba Dreams in English], Il Giorno, 19 January 1960).
Like the protagonist of his major narrative work, Fenoglio, soon after the completion of high school, began to translate with frenzy, fascinated by the history of England and its literature. He would never stop experimenting in that “stimulating labor,” as he referred to the act of translation in his diary. Even in the last days of his life, we find him intent on translating the famous poem by Robert Browning, The Pied Piper of Hamelin, written for the son of the English actor and theatrical impresario Charles Macready.
This section documents his admiration for the Anglo-Saxon civilization and his translation activity of English and American classics representing various literary genres: poetry, theater, fiction, history; a fundamental activity in the formation of the writer, as illustrated by numerous critical studies, beginning with the pioneering work of Claudio Gorlier, Bruce Merry, John Meddemmen and Mark Pietralunga. His theatrical writings and fantastic tales, only recently appreciated, are also direct fruits of this admiration. If over time the complete translation of Samuel Taylor Coleridge’s The Rime of the Ancient Mariner (La ballata del vecchio marinaio, 1964), the theatrical adaptation of Emily Brontë’s novel Wuthering Heights (La voce nella tempesta, 1974), the complete translation of the children’s classic novel, The Wind in the Willows by Kenneth Grahame (Il vento nei salici, 1982), and a major part of his poetry translations (Quaderno di traduzioni, 2000) appeared in print, there remain unpublished numerous incomplete translations of works in prose, including that of a classic of English history: Charles Firth’s Oliver Cromwell and the Rule of the Puritans in England.
Traduzioni a cura di Mark Pietralunga